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Nel mio paese, prima che l’ISIS arrivasse, si viveva una vita più o meno normale. Poi, quando nel 2014 lo Stato Islamico ha conquistato Mosul, la mia città, tutto è cambiato.

Mio zio, che faceva parte delle forze armate di Stato, è stato prelevato da casa sua con forza dalle milizie terroriste, davanti a tutta la famiglia, e nessuno sa più niente di lui da ormai cinque anni. Così, mentre io sono rimasto nascosto a Mosul, la mia famiglia è fuggita in Kurdistan, che rappresentava una zona più sicura, e lo stesso hanno fatto tutti coloro che cercavano la salvezza, inclusi i medici di base che non volevano schierarsi con l’ISIS. La situazione negli ospedali in città è tracollata: quando, un giorno, ho accompagnato un mio amico molto malato in ospedale, è stato lasciato a morire nel corridoio, perché non faceva parte dello Stato Islamico.

Sono partito dall’Iraq ed ho attraversato la Turchia, con un gommone ho raggiunto la Grecia e da lì sono risalito attraverso la Macedonia e la Serbia fino all’Ungheria. Al confine ungherese, una delle persone in viaggio con me ha provato a filmare i soprusi della polizia e questo ha scatenato una violenta repressione, in cui i telefoni cellulari di tutti noi sono stati scaraventati per terra e distrutti. Per dieci giorni ho camminato al freddo e sotto la pioggia fino ad arrivare in Austria, dove la gente comune ha accolto me ed i miei compagni di viaggio con cibo ed assistenza medica. Da lì uno sconosciuto mi ha pagato il biglietto del treno per la Svizzera, dal momento che io non avevo soldi con me.

Una volta arrivato nel territorio della Confederazione, sono stato immediatamente mandato nel centro asilanti in Ticino. Qui ho subito chiesto di poter andare a scuola per imparare l’italiano, ma non mi hanno dato l’autorizzazione perché non avevo ancora ricevuto nessun permesso. Ho dovuto aspettare due anni e tre mesi nel centro prima di ottenere un permesso F e potermi finalmente trasferire in un appartamento e andare a scuola. Mi trovo in Ticino ormai dal 2015 e tutt’ora, con il mio tipo di permesso attuale, la Confederazione potrebbe rimandarmi in Iraq in qualsiasi momento, se volesse. Intanto io continuo a studiare e mi sto formando come infermiere. Per questo, ci tengo a dire grazie alla Svizzera.” Yakob, Iraq